Perché l'intelligenza Artificiale ci ruba il lavoro da 250 anni
L'Intelligenza Artificiale (AI) è ovunque. L'AI è nelle fotografie che facciamo alle comunioni dei parenti (per il ritocco delle foto), l'AI filtra la nostra email riconoscendo spam o meno, l'AI di Google ha tagliato l'energia elettrica necessaria per alimentare sé stessa (giuro, guardate qui, notizia del 2016). L'AI fa tutto, magari un giorno farà anche il caffé. La domanda che a volte ci si pone è la seguente: l'Intelligenza Artificiale ruberà il mio lavoro? In realtà non ha senso nemmeno porsi questa domanda, per la seguente ragione: l'Intelligenza Artificiale ruba già il lavoro, ma lo fa da 250 anni.
Vi spiegherò il perché.
Partiamo dalle origini. Iniziamo dicendo che l'Intelligenza Artificiale è innanzitutto una tecnologia, dove per tecnologia intendo <<l’applicazione e l’uso degli strumenti tecnici [...] alla soluzione di problemi pratici>> (Treccani). L'Intelligenza Artificiale è dunque uno strumento per raggiungere un obiettivo; quale sia questo obiettivo dipende dai casi ovviamente. Ciò che la distingue dalle altre tecnologie è che non la progettiamo per raggiungere l'obiettivo ma la progettiamo per insegnarle a raggiungere l'obiettivo. Questa è una differenza fondamentale rispetto alle altre tecnologie, provo a fare un esempio ancora più semplice.
Volete irrigare i gerani del vostro giardino perché hanno bisogno di un sacco di acqua. Vi viene l'idea di comprare un tubo e di fare dei forellini per far zampillare l'acqua. Allora comprate il tubo e con un coltello praticate i forellini richiesti. Così aprite il rubinetto dell'acqua e innaffiate tutto. Avete dunque una tecnologia (il tubo forato e il rubinetto) progettata specificatamente per uno scopo (irrigare i vostri gerani). Vi rendete conto però che i gerani hanno certamente bisogno di tanta acqua ma non sono delle ninfee: dovete essere voi a dosare correttamente l'acqua necessaria. Il nuovo obiettivo diventa dunque irrigare correttamente le vostre piante, per evitare che le radici marciscano o per scongiurare ondate di calore. Che tecnologia vi serve? Potete usare due strade:
la strada classica è simile a quella precedente, voi sapete prima quale sarà l'obiettivo (irrigare il giusto le piante) e dunque comprate un interruttore elettrico che accende l'irrigazione per 30 minuti ogni sera;
alternativamente, voi non sapete prima quanta acqua abbiano bisogno i gerani; allora comprate un interruttore intelligente che irriga per 10 minuti e vede il giorno dopo come stanno le piante; se stanno bene, allora continua per 10 minuti, altrimenti imposta 15 minuti; così via, le irriga per 15 minuti, se stanno bene, allora continua a innaffiare per 15 minuti, altrimenti prova a 20 minuti.
Il punto fondamentale della seconda strada è che non sapete prima di quanta acqua avranno bisogno, altrimenti avreste scelto la più semplice strada 1 (anche la meno rischiosa, perché il secondo sistema rischia di far morire le piante a furia di esperimenti). Non conoscendo in anticipo la risposta, mettete su una tecnologia che possa imparare dai propri errori e trovare la risposta. Non è detto che la strada 2 sia la migliore. In ogni caso, il concetto è questo: la tecnologia è progettata per imparare a fare qualcosa, a raggiungere un obiettivo che normalmente sarebbe difficile raggiungere.
Adesso mettiamo il tutto in una prospettiva più astratta. Io ho uno scopo, curare il giardino. Posso assumere un giardiniere, oppure comprare un robot giardiniere che fa tutto da sé. La tecnologia serve a raggiungere uno scopo, anche il giardiniere che io pago serve a raggiungere uno scopo (la cura del giardino). Da questo punto di vista, sia l'oggetto tecnologico in sé, sia la figura che fa quel ruolo sono dei mezzi per raggiungere uno scopo. E' una visione brutale e utilitaristica? Sicuramente. Soffermiamoci su questa citazione di un lavoratore di un colosso dello shopping online e delle consegne a domicilio del 2021:
"Giorno dopo giorno, tuttavia, le macchine guadagnano terreno su di noi; giorno dopo giorno diventiamo sempre più sottomessi ad esse; ogni giorno più uomini sono legati come schiavi per curarle, ogni giorno più uomini dedicano le energie della loro intera vita allo sviluppo della vita meccanica. Il risultato è semplicemente una questione di tempo, ma che arriverà il momento in cui le macchine avranno la vera supremazia sul mondo e sui suoi abitanti è ciò che nessuna persona con una mente veramente filosofica può mettere in dubbio per un momento."
Il lavoratore si sente oppresso dal dominio delle macchine con cui si interfaccia ogni giorno. In verità vi dico: vi ho mentito. La citazione non è di un lavoratore di Amazon, Aliexpress o Shein: è del 1863 di Samuel Butler, quando ancora non si parlava di computer o intelligenze artificiali.
L'Intelligenza Artificiale, dunque, va vista come una tecnologia e, in quanto tale, ruba il lavoro da moltissimi anni. Possiamo indicare la data di inizio dei "furti" del lavoro nel 1760 con le prime macchine tessili. Se prima mi servivano 10 operai per tessere un filato, da allora ne serve solo 1 che muove una macchina; dunque, ho 9 esuberi, 9 licenziamenti (numeri inventati, è giusto per esprimere il concetto). Non è un caso che il primo movimento contro le macchine sia del 1779, ovvero il Luddismo, quando il giovane operaio Ned Ludd distrusse un telaio per protesta (vi è un dibattito sulla reale esistenza di Ned Ludd, in ogni caso sono documentati atti di ribellione contro le macchine).
Altro che Matrix, altro che Chatgpt; campagna inglese di fine Millesettecento.
Adesso andiamo oltre. Perché assumo un robot e non un insieme di operai? Perché io ho uno scopo e voglio raggiungerlo; questo scopo il più delle volte è un profitto economico. Allora mi è utile fare un processo produttivo più forte, migliore, più veloce e più robusto (Harder, Better, Faster, Stronger). All'interno di questo processo, l'uomo è un mezzo per raggiungere un fine, è l'ingranaggio di una macchina. Comparato rispetto a un macchinario, l'uomo stesso è debole, ha bisogno di riposarsi, produce di meno, non può essere aggiornato facilmente: è "Antiquato", per citare Gunther Anders, filosofo che personalmente apprezzo tantissimo per leggere il presente e che purtroppo non è molto conosciuto oggi.
Il tema, dunque, non è chiederci se saremo sostituiti dall'Intelligenza Artificiale a livello lavorativo, perché questo accade già. Accade da anni con altre tecnologie, accade adesso anche in altri settori; il quotidiano tedesco Bild ha licenziato 200 persone poco dopo l'uscita di Chapgpt. In una società orientata al profitto, è il profitto a comandare e la tecnologia risulta oggettivamente più conveniente di diversi lavori manuali.
Vi propongo due spunti di riflessione, il primo un po' nel nostro piccolo, l'altro più globale.
In una società fortemente orientata al profitto, da che parte vogliamo stare? Dalla parte di chi licenzia o di chi è licenziato? Perché da impiegato il mio lavoro potrebbe essere seriamente sostituito da una macchina. Non è un invito a diventare imprenditori, è un invito a tenersi aggiornati con i tempi; anche perché, se anche ci sarà un divieto a livello nazionale di uso dell'Intelligenza Artificiale, credete forse che qualche Paese estero non la usi e ci superi?
Il secondo è a livello societario: siamo sull'orlo di una rivoluzione totale del mondo del lavoro, sorgeranno nuove mansioni e molte altre saranno (o sono già) desuete. Siamo pronti come società ad abbracciare il cambiamento? Gestiremo questo cambiamento? La politica gestirà questo cambiamento? Oppure sarà lasciato alle leggi semi-anarchiche del mercato in cui viviamo?
Riflettiamoci su.