Recentemente ho rispolverato i miei giochi di Pokemon e li ho ricominciati. Mi sono bloccato in un punto di Pokemon Rossofuoco. Mentre giocavo mi sono chiesto: “In passato io come facevo quando mi bloccavo?”. E da lì è stato un susseguirsi di ricordi, un tuffo nel cuore.
Quando giocavo a RossoFuoco avevo circa 8 anni, frequentavo una ludoteca il pomeriggio, “Escitranquillo”. Parlo di un’epoca remota in cui Internet non c’era a casa, come nemmeno il computer.
Ho fatto una veloce ricerca, chiaramente non ci sono tracce di Escitranquillo sul web. Chissà se qualcuno di voi si ricorda o ci andava. Era a Palermo, altro non ricordo, non conoscevo il nome della strada.
Se ero fortunato, qualche bimbo più grande di me poteva aiutarmi a risolvere il problema nel videogioco; altrimenti erano guai. Magari il livello non era superabile, magari lo si poteva fare solo in Giappone, magari la soluzione era complicatissima. Dato che il passaparola tra i bambini di 6-10 anni era l’unica fonte di informazione, tutto era possibile. Il senso di mistero che provavo attorno a quei giochi era incredibile, toccare tra le mani la cartuccia mi ricorda tutto questo.
Adesso darei tutto l’oro del mondo per rivivere anche solo un giorno di quei pomeriggi passati con gli altri bambini, oppure di quelle giornate di gioco con mio fratello a cercare di capire come andare avanti.
Il tempo è distruttore dei momenti belli. Tutto infatti cambia: se sto godendo di una bella estate e mi trovo dopo Ferragosto, mi porto il peso della consapevolezza che l’estate sta finendo e che la prossima non sarà bella come quella attuale; cambieranno le persone, cambieranno le frequentazioni, cambieranno i paesaggi. Il tempo distruggerà la mia estate e tutto il resto, senza possibilità di riviverla.
Da un altro punto di vista, nella misura in cui quei momenti sopravvivono nella mia memoria come frammenti di emozioni, allora il tempo è creatore di ricordi. Permette l’esistenza stessa del ricordo. Senza il tempo vivremmo in un eterno presente.
Non sarebbe male vivere un eterno presente fatto solo di gioia, sarebbe un paradiso terrestre; corrisponde forse alla fanciullezza? Spesso ripenso al passo biblico di Adamo ed Eva, del frutto della conoscenza del Bene e del Male.
Sì, la mela non è semplicemente il frutto del Male. Provate a rileggere il passo (o le opere da esso tratti, qualche anno fa io ho letto “Il Paradiso Perduto” di Milton, ve lo consiglio). Nel giardino dell’Eden Adamo ed Eva vivevano spensierati solo conoscendo il Bene. La mela è il frutto dell’albero della conoscenza del Bene e del Male. Dopo aver morso la mela, scoprono cos’è la vergogna e corrono a coprirsi. Da lì poi la cacciata dal Paradiso terrestre e tutto ciò che ne consegue.
Una mia personale interpretazione è il passaggio all’adultità: dal solo Bene (la fanciullezza) si scopre l’esistenza del Bene e Bel male e di tutte le complicazioni connesse.
Diciamocelo, che noia essere adulti. Forse sarebbe bello essere eterni bimbi e giocare in eterno. Eterni Peter Pan, criticati da chi non sa volare o da chi non crede.
Tutto questo è nato dalla nostalgia. A volte si mescola con il rimorso o il rimpianto, a volte rimane solo contemplazione del passato.
Le lezioni sono due, applicabili nella vita quotidiana:
la prima la dice il personaggio di Andy Bernard nell’ultima puntata di The Office (no spoiler): Vorrei che ci fosse un modo per sapere che ti trovi nei “bei vecchi tempi”, prima di averli effettivamente lasciati. (qui il video)
la seconda è nota già ai tempi di Lorenzo de’ Medici: Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza.
Forse il “modo giusto” di vivere la vita è la contemplazione del presente. D’altro canto, se il tempo odierno non offre dei momenti belli, raramente nasceranno ricordi tra 10 anni.
Che senso ha, dunque, accontentarsi di questo presente? Vale la pena viverlo? Forse meglio cambiarlo.