Mi sono trasferito a Tampere, nel cuore della Finlandia, per il mio dottorato. La quantità di shock culturali che sto avendo è immensa, piano piano ne parlerò qui. Oggi mi soffermo su un episodio particolare: riguarda un telefono lasciato su un tavolo. Premetto che non sarà il classico “Ah, in l’Italia si vive male”, le lamentele le lascio agli altri.
Lo scorso weekend girovago per le vie della città. Tampere ha circa 200.000 abitanti, è abbastanza grande per una città del nord Europa. Ha una vasta zona industriale, storicamente la Nokia produce qui (non solo telefono ma anche gomme per auto; sì, esiste la Nokian Tyres ed è molto attiva).
Giungo a una “Food Hall”, simile ai nostri “Mercati Centrali”. Prendo un vassoio in una tavola calda e mi siedo a mangiare. Dopo un po’ di minuti si avvicina un’anziana signora e mi chiede se i posti vicino al mio sono liberi. Chiaramente capisco solo il significato generale, perché il Finlandese è una lingua estremamente difficile e non vado oltre le due cretinate che ti insegna Duolingo.
A questo punto lei lascia il carrellino accanto alla sedia, poggia il telefono sul tavolo e si dirige verso il buffet.
Sì, lascia il telefono sul tavolo. Non era un tavolo defilato, era vicino a un corridoio.
Dopo una decina di minuti, torna con una tazza di caffé e una fetta di torta.
Lo so cosa state pensando: “In Italia ne trovava due di telefoni”, oppure “In Italia non lo avrebbe trovato più”. Io mi soffermo su un’altra cosa: per lei era normale lasciare le cose sul tavolo e andare a servirsi. Non è un caso isolato, all’entrata dell’università ci sono degli appendini, tutti lasciano lì il giubbotto (oggi c’erano -2°C e dentro 21°C, quindi tuta da sci per fuori e maglione leggero dentro).
Il punto è che tutto ciò per loro è normale. Normale vuol dire che non ci devi pensare. Non devi preoccuparti se qualcuno ti ruba il telefono o il carrellino, non devi preoccuparti se qualcuno ruba il giubbotto. E’ normale lasciare una cosa e ritrovarla lì.
Magari non accadrà in tutti i posti alla stessa maniera, magari è accaduto solo perché ero in una zona centrale. Ma il concetto non cambia.
Cosa determina cosa è normale e cosa no? Immagino un insieme di consuetudini, di abitudini condivise, anche l’esperienza personale. Il confine della normalità è deciso collettivamente.
Se viviamo in una città mediamente sporca e vediamo i segni neri delle chewing gum sui marciapiedi, non ci facciamo caso perché è normale; così come i cestini dei rifiuti pieni la sera con sopra le lattine di birra vuote.
Allo stesso tempo, chi viene da Palermo o da un’altra grande città del sud non si emoziona se entra in una chiesa mediocre, perché è abituato al barocco; è normale che le chiese presentino affreschi giganti e intarsi di oro.
Forse è anche normale lamentarsi e non agire o reagire.
Socialmente accettiamo una condizione o uno stato delle cose, indipendentemente che sia positivo o negativo. La normalità è fatta di oggetti o eventi trasparenti, a cui non pensiamo.
Chissà come si fa a cambiare la normalità. Credono servano sforzi immani, perché ciò che non è normale è strano e il più delle volte lo strano non piace.
Ora invece vedo dalla finestra del bambini che giocava a palle di neve. L’università affitta degli spazi ad altre scuole, li vedo giocare ogni giorno, tutti i giorni e tutte le ore. Sono da 7 giorni qui ed è una cosa alla quale ancora non mi sono abituato. Chissà quando (e se) scene come questa entreranno nella normalità.
Perderò un po’ la capacità di stupirmi.
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Potete vedere altre foto di Tampere sulla mia pagina Instagram, sto iniziando a pubblicarle: https://www.instagram.com/angelini.jpg/