Caro Giovanni,
Oggi tutto il popolo italiano ti ricorda. E te lo meriti, senza dubbio. La tua vita e le tue battaglie sono indiscussi esempi di virtù civiche alle quali tutti dobbiamo ispirarci. La lotta che hai portato avanti, uno scontro più grande di te e Paolo messi insieme, non è stata un fallimento perché hai mostrato alla Storia che sia possibile combattere il cancro di una società e, se non di distruggerlo, almeno di infliggergli duri colpi. La mafia si è evoluta nel tempo, si è istituzionalizzata, questo Paolo l'aveva capito benissimo, soprattutto pochi giorni prima della morte, quando (non casualmente) andò a confessarsi. Io personalmente non credo alle lacrime di coccodrillo di molti politici. Ma non solo di politici, anche di tutti coloro che piangono la morte di eroi come te e che poi aiutano il nipote a ottenere un posto di lavoro, fanno qualche chiamatina per assicurarsi che il figlio possa passare senza grosse difficoltà l'esame di maturità, parcheggiano la propria automobile in un posto riservato ai disabili o davanti lo scivolo delle strisce pedonali, perché <<Dai, giusto il tempo di fare la spesa, non do fastidio a nessuno se sto un attimo qui, non lo faccio mai ma gli altri lo fanno tutti>>. La lotta alla mafia è allora lotta contro la mentalità corrotta, in primo luogo. E la lotta contro la mafia ha bisogno di attori, non bastano i buoni propositi.
Ho sempre preferito le foto di nicchia, di repertorio, al posto di quelle famose, perché erano uomini come noi e anche noi possiamo essere come loro.
Giovanni, c'è una tua frase che si ricorda spesso, che tutti ripetono e che è presente persino in magliette fabbricate chi sa dove: <<La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine>>. Senza dubbio è poetica e dá molta speranza, solo che questa frase ci vizia. E lo ripeto: questa frase ci vizia. È vero che la mafia avrà anche una fine, ma quando avverrà questo? Perché se la mafia è Stato, se la mafia è mentalità comune, se la mafia è accettata come compromesso irrinunciabile nella nostra società, allora dobbiamo morire noi affinché scompaia la mafia, perché in tal modo noi siamo la mafia. E se speriamo ottimisticamente che la mafia sparisca da sé come un frutto velenoso che appassisce, seguendo la tua frase, allora non facciamo altro che favorire la metastasi mafiosa nella nostra società. E il cancro mafioso sarà in perfetta simbiosi con noi, noi diventeremo unicamente cancro.
<<C'è speranza?>> mi chiedo spesso. Credo che ci possa essere un barlume di salvezza solo con una invasiva terapia d'urto, una chemioterapia al limite della sopportazione che (forse) possa dare qualche risultato evidente. Occorrono attori concreti, non dichiarazioni d'intenti.
Lo sai, Giovanni, che il prefetto Mario Mori è stato assolto dell'accusa per la mancata cattura di Bernardo Provenzano? Quanti altri impuniti ci saranno in futuro? Quanti già lo sono? Tu e Paolo per cosa avete lottato, se oggi molte persone abboccano all'amo lanciato da corrotti che si ergono a paladini della legalità?
Troppe domande senza risposta. Ma forse sto perdendo tempo, perché sto scrivendo una lettera a un morto.
Davide